in Vivere altrove

Vivere altrove… figli o fratelli?

viverealtrove_20060119.jpgAnnuncio. O, giusto per citare l’immemore sketch di Lello Arena ai gloriosi tempi della Smorfia, «Annunciazio’! annunciazio’!». Far nascere una bimba di nazionalità italiana, ma residente in Francia, in una clinica svizzera è impresa piuttosto complessa. E malgrado complesso sia meglio di complicato, per ammortizzare l’urto ti dici che è forse opportuno giocare d’anticipo. Così inizi a contattare i consolati italiani, rispettivamente a Lione e a Ginevra, cercando al contempo – e, ça va sans dire, senza successo – di raggiungere telefonicamente l’anagrafe torinese per inoltrare la richiesta degli appositi certificati. Perché se è vero che Torino è diventata “contemporary”, come commentava orgoglioso questo stesso giornale qualche settimana fa, ebbene di certo lo ha fatto all’insaputa dei servizi anagrafici. Le Luci d’Artista, a quanto pare, non aiutano a rispondere al telefono in orario d’ufficio. Non parliamo della possibilità di ottenere la documentazione on line. Per un passo simile bisogna, probabilmente, attendere la fase “post-comtemporary”. Dunque per un estratto di matrimonio e un estratto di atto di nascita dei due futuri-genitori con allegata esplicita menzione dei rispettivi futuri-nonni si è costretti a sfoderare l’artiglieria pesante. Vite di carta, è proprio il caso di dirlo, sospese al filo, fragile e sottile, delle procedure amministrative di due (o nel mio caso tre) differenti nazioni.
Che poi, a pensarci bene, questo trionfo di timbri, bolli e traduzioni autenticate non è che l’anticamera. Asettica ed inospitale. Qualcuno una volta mi ha spiegato la differenza tra i figli e i fratelli d’Italia, dove i figli sarebbero i figli di padri che la terra dei padri hanno lasciata da tempo immemorabile e per sempre, e i fratelli coloro che, nati in Italia, continuano a ritenersi italiani anche se espatriati. Tra una pratica e l’altra, non riesco a fare a meno di domandarmi: la mia bambina, regolarizzata in triplice copia, alla fine sarà un figlio o un fratello d’Italia?

Pubblicato su “La Stampa“, venerdì 23 novembre 2007.

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