in Vivere altrove

Berk!

Cresci un figlio in un Paese altro e davvero non t’immagini quale sia la posta in gioco del bilinguismo. Ingenuamente, pensi che la cosa non possa che rappresentare un insperato vantaggio, un’occasione succulenta. Tanto di guadagnato. È deciso. Inizia una nuova vita. Il caso, clemente almeno per una volta, ha voluto che parlassi e comprendessi senza difficoltà la lingua del posto. Quella stessa che tua figlia sta imparando. Che bello, hai pensato, e lei neanche se ne accorgerà di apprendere due lingue. Sicuro. Lei non se ne accorgerà.Ma tu?

Avresti dovuto pensarci, che non sarebbero state tutte rose e fiori, ma non l’hai fatto. Fino alla sera in cui lei, di fronte ad un piatto di cavolo rosso, ti guarda con gli occhi tondi, apre la bocca tira fuori la lingua e fa: «Berk». La guardi, intuisci che il menù non risponde esattamente alle sue attese. «Bleah, vorrai dire» la correggi. «Berk » ripete lei allontanando il piatto.

Da quel momento, è stato tutto una scoperta di suoni e gorgheggi. Che mai e poi mai avresti immaginato. Il cane per tua figlia non fa «Bau», ma «Arf». Il gallo non fa «chicchirichì », ma «cocoricò» e la gallina non fa «coccodé» ma «cotcot-codé». Ora, sono pure disposta ad accettare che il verso della giraffa (?) o del coccodrillo possano avere delle declinazioni diverse a seconda della nazione, ma la papera? L’avete sentito tutti la papera come fa, no? Ebbene, in Francia no. Fa «coin coin».

Fortuna che per ovviare alla tua ignoranza in materia gli dei dell’Olimpo hanno messo al mondo chi, memore forse del «Brekekekex koax koax» delle «Rane» di Aristofane, ha studiato la cosa e pure seriamente. Il professor Derek Abbott, australiano direttore del Centre for Biomedical Engineering di Adelaide, ha infatti collezionato i versi degli animali in 17 lingue. Per anni, nel corso delle conferenze internazionali cui partecipava, ha chiesto ai colleghi: «Come fa da voi la mucca?» Poi ha inserito le risposte in una enorme tabella. Il suo verso preferito? Il piccione in Ungherese. Che fa: «burukk burukk».

Pubblicato su “La Stampa” il 22/1/2010.

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  • Batteri | Borborigmi di un fisico renitente
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    […] tutta se la lasciamo fuori al caldo, e un po’ la mangiano e un po’ la fanno diventare berk e noi non possiamo più […]