in Vivere altrove

Lettere per il futuro

A Suzhu, in Cina, esiste un posto di quelli che, se solo ne fossi capace, ci scriverei una favola. Lontano nel tempo e nello spazio, ma non troppo, c’era una volta un negozio magico, inizierei. Le pareti giallo pallido di questo negozio sono ingombre di scaffali. E sugli scaffali, campeggiano migliaia di cartoline e buste di ogni colore e dimensione e carta da lettere. Chi mai usa ancora la carta da lettere di questi tempi? Chiederei con tono retorico, nella mia fiaba. Eppure, malgrado esistano telefoni, email, sms e skype, in quel posto di lettere ce ne sono ancora tantissime. Tutte organizzate, impilate, ordinate, archiviate, timbrate ed affrancate. A scriverle sono giovani e vecchi, donne e uomini e bambini, persone brune e bionde, con e senza occhiali, con e senza barba o baffi, con le unghie colorate o gli orecchini al naso o i tatuaggi sulla schiena.

Al centro di questo strano negozio ci sono infatti delle scrivanie e chi entra si munisce subito di carta e penna e si mette a scrivere, ispirato. Perché dovete sapere che quelle lettere, che tutti scrivono con aria persa e sognante sorseggiando un caffè comprato al bancone, non sono lettere normali. Per niente. Sono lettere per il futuro, che le persone scrivono e imbucano impilandole nell’apposito scaffale corrispondente al giorno dell’anno in cui desiderano vengano spedite. Alcuni, che si credono furbi, imbustano gli auguri di Natale dell’anno ancora da venire, tanto per portarsi avanti. Altri rassegnati, decidono di procrastinare di qualche tempo un annuncio ineluttabile che magari non hanno il coraggio di fare a voce. La maggior parte affida al tempo messaggi sospesi, per lo più carichi di speranza, domandandosi se mai troveranno qualcuno pronto a riceverli. Pensare e scrivere oggi parole e pensieri che verranno lette da amici e parenti tra sei, otto, dodici mesi è una scommessa un po’ eccentrica, ma comunque coraggiosa, nell’era della modernità liquida. E agli abitanti di Suzhu, in Cina, evidentemente piace scommettere.

Pubblicato su “La Stampa” il 21/1/2011.

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