in Vivere altrove

Siamo tutti immigrati africani

Bionda, riccioli lunghi e grandi occhi marroni, la ragazza americana beve una birra in un pub di Bruxelles. E parla di «Europa». Sono qui in Europa, dice, sto viaggiando per l’Europa, vado in vacanza in Europa. Rientrerò dall’Europa. Parla anche, tanto, ininterrottamente, di Europei. Lo fa con leggerezza, senza troppo riflettere, senza filtri di sorta, dando per scontato che l’Europa sia un solo Paese e gli Europei un unico popolo. Non deve aver intercettato le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia lei, o il braccio di ferro a Modane tra Sarkozy e Maroni sul transito di migranti. Ma scusa – le domanda la ragazza spagnola, quasi risentita – davvero per te non c’è nessuna differenza tra un Irlandese e un Greco o tra uno Svedese e un Portoghese? No! – Risponde lei, candida. La ragazza giapponese ascolta in silenzio. Non che parli mai tanto, lei. Sicuramente sta pensando che neanche la Spagnola, in fondo, saprebbe mai distinguere tra un giapponese e un coreano, un cinese e un vietnamita.

Europa, Europei, extra-europei. Come già negli Anni Trenta, quando un biologo, un sociologo, uno storico della scienza e un antropologo ebbero il coraggio scientifico di confutare per la prima volta il concetto di razza, forse anche oggi solo la genetica ha la lucidità per fare un po’ di ordine e contraddire chi, dentro e fuori l’Europa, continua a innalzare muri. Siamo in Europa da circa 30 mila anni, prima eravamo in Africa ed eravamo quello che oggi è chiamato l’uomo di Cro Magnon. Da 300 mila a 30 mila anni fa in Europa c’era l’uomo di Neanderthal: in parte simile a noi (cucinava e aveva una famiglia, ad esempio)ma con una struttura fisica molto diversa. Loro erano i veri Europei fino a 40 mila anni fa. Poi sono arrivati gli Africani, cioè noi, e in 10 mila anni i neanderthaliani sono scomparsi e siamo rimasti solo noi. Noi che abbiamo la fronte verticale, il cranio poco sviluppato all’indietro, il mento: tratti «africani» che oggi ha tutta l’umanità. Siamo tutti immigrati africani. E abbastanza recenti.

Pubblicato su “La Stampa” il 29/4/2011.

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