in Vivere altrove

Un luogo dove si impara a dire «io»

Non corro ascoltando musica. Non ci riesco. Quando corro lo faccio in silenzio. In alternativa, ascolto podcast di gente che parla, in genere di libri e di Italia.

Ad una corsa mattutina e ad uno di questi podcast devo la scoperta di storiemigranti.org, un archivio di testimonianze. Un luogo dove si impara, con fatica, a dire «io». Si impara a prendere la parola, a narrare la propria storia senza interposta persona. La vita, le disavventure, i progetti, le disillusioni. Il viaggio, il rimpatrio, a volte il ritorno.

Maman, una donna congolese, racconta il suo viaggio dal Congo al Marocco. Le violenze subite da lei e dalle due figlie, la vita nella foresta, la deportazione a Oujda, in cui convivono comunità di camerunensi, nigeriani, maliani, senegalesi, congolesi, guineani ed ivoriani. «Per noi questa è la cosa più importante: riuscire a rispettare la scadenza dell’affitto, il cibo viene dopo. Se ci dessero almeno il diritto al lavoro, potrei lavorare, io ero professoressa nel mio paese».

Amin, curdo-iracheno, nel 2006 viveva nel giardinetto di Square Albine-Satragne tra la Gare de l’Est e la Gare du Nord, nel cuore di Parigi e aspettava l’occasione per prendere il treno per Calais e attraversare la Manica. «Il francese non riesco a impararlo. Ero andato a scuola all’inizio ma mi ci hanno tenuto solo fino al rigetto della mia domanda d’asilo. Niente papier, niente scuola. Se non hai un documento non serve imparare il francese».

BBB viveva e lavorava in Inghilterra, ma un giorno l’hanno caricato su un volo charter che l’ha trasportato a Dublino e poi a Madrid, prima di farlo atterrare in uno scalo merci in Nigeria. «Ho lasciato la Nigeria quando avevo 3 anni, non ho più alcuna famiglia in Nigeria».

Miguel Angel nella sua lettera cita Jeremy Rifkin e scrive che dopo aver sudato, prodotto e seminato per vent’anni in Italia è tornato in Perù. «Non sultanto un articulo bensi volendo un libro si potrebbe scrivere.»

Gli errori di grammatica sono suoi, penso mentre corro, ma la sua storia è di tutti.

Pubblicato su “La Stampa” il 22/11/2013.

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