in Vivere altrove

Welcome to the country of complexities

Ko esordisce con un amichevole “Minagalaba” e si affretta ad aggiungere “Welcome to the country of complexities”. Complicato è, in effetti, il minimo che si possa dire di un Paese, il Myanmar, in cui si contano 135 etnie differenti e altrettante culture, per non entrare nel merito delle fedi e delle loro più o meno fantasiose interpretazioni. Gli immensi cartelloni pubblicitari che ritraggono la squadra di calcio nazionale azzardano comunque un “We are one” da inguaribili ottimisti. Ma chissà. Il calcio potrebbe avere un potere taumaturgico insperato.

Dopo un’ora trascorsa a passare in rassegna le calamità più o meno naturali che affliggono la sua terra, Ko punta il dito verso un orizzonte immaginario e scandisce serio: “westernisation and modernisation”, a suo dire, le parole chiave per capire cosa sta accadendo da queste parti, almeno in superficie.

L’albergo in cui capito a Monywa, una placida cittadina nel distretto di Sagaing, mi pare confermare questa tensione verso una modernità considerata talmente alla portata da sembrare reale. E invece. Malgrado parte di una struttura modesta, la mia stanza esibisce, nell’ingresso (!), subito a destra della porta, un’immensa vasca da bagno a due piazze con idromassaggio. Peccato che non ci sia l’acqua calda e il rubinetto sbavi a stento qualche rivolo rapidamente inghiottito da un sifone privo di tappo. Uno schermo digitale è affisso al muro, ma non c’è traccia della presa a cui attaccarlo. In meno di 20 metri quadri conto 14 interruttori, uno per ogni lampadina. Se li accendo tutti insieme il suono è simile a quello di un nido di calabroni. L’aria condizionata è bloccata a 15 gradi.

Tutto, dallo spazzolino alla carta igienica agli asciugamani è rigorosamente fatto in Cina. D’improvviso mi sento catapultata in un vecchio episodio di “Ai confini della realtà”, in cui i protagonisti d’un tratto realizzavano di vivere in una casa delle bambole proprietà di una bambina gigante (nel mio caso con gli occhi a mandorla).

Ko me l’aveva suggerito, del resto: le tre zone “calde” del paese, a est, nord e ovest, coincidono proprio con grandiosi progetti estrattivi e idraulici del Paese del Grande Dragone.

Pubblicato su La Stampa il 1/12/2017

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