in A scuola con Oliver

La pappa c’è ma non si vede

I cani tengono a mente, o come direbbe un etologo, hanno la capacità di concepire la permanenza di un oggetto. Se, poniamo, coprite la loro ciotola fumante con una bacinella, loro sono in grado di capire che il cibo che gli spetta sta lì sotto, anche se non lo vedono. Non è solo una questione di odore. Si tratta piuttosto di un’abilità di concettualizzazione e il fatto che sappiano riprodurre nella mente l’oggetto-pappa è un prezioso indicatore, pare, del loro stadio evolutivo. I gatti, ad esempio, questa cosa non la sanno fare. Avevo un gatto una volta, Plutone, che seguiva assiduamente in tv le partite di calcio e quando la palla usciva dall’inquadratura lui andava a cercarla dietro l’apparecchio. Oliver non guarda mai la tv, anzi per essere precisi la detesta e quando viene accessa lascia la stanza con un sonoro sbadiglio. Ciò non toglie che, se la guardasse, non cercherebbe il pallone per tutto il salotto come un cretino. Con questo non voglio dire che i cani siano più intelligenti o dotati dei gatti. Sono solo, come dire, più propensi all’astrazione. C’è un esercizo, al corso di obbedienza, che stiamo faticosamente cercando di imparare mettendo a frutto questa innata capacità canina. In gergo si chiama «terra libero». La procedura è, più o meno, questa: si prende uno di quei coni di plastica rossi e bianchi dell’Anas e si fa vedere al cane che ci mettiamo sotto qualcosa, la sua pallina preferita, il nodo, un lecca-lecca, i bombi sbriciolati. Poi ci si allontana, a fatica perché il cane smanioso e sbavante stenta a capire quale ragione mai ci spinga ad allontanarlo dall’oggetto desiderato. A distanza di una decina o quindicina di metri si invia il cane nuovamente verso il cono, urlandogli «VAI!». Il quadrupede a questo punto dovrebbe raggiungere senza esitazione il segnale stradale e, al nostro comando, accucciarsi a terra. Io e Oliver non è che abbiamo proprio compreso il senso di tutto questo ambaradàn e l’esitazione che ne consegue compromette un tantino le nostre prestazioni. Io nascondo sotto il cono delle crocchette, poi trascino la mia belva lontana, quindi gli dico «cerca!» e lui prima mi guarda e strizza gli occhi come a dire «ma mi stai prendendo in giro?», poi, anoressico com’è, si fionda sul cono e incomincia a scavare tutt’intorno che nemmeno la talpa Valentina. Allora, sempre che non abbia già inghiottito plastica, terra e istruttore, lo raggiungo e gli faccio di nuovo vedere cosa c’è sotto il cono stradale, ripetendo il comando. Sarà che non ho il giubbotto fosforescente o che l’eccesso di salivazione ha ormai annegato tutti i neuroni del suo cervello, ma raramente Oliver «concettualizza». E ancor più rara-mente obbedisce. Tra una settimana c’è il saggio di fine corso. Chissà se i cani sanno arrossire?

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