in Diario dal Mozambico

Bayete comandante da verdade!

In Mozambico esistono, in apparenza, due tipologie di giornalisti. Quelli che tengono l’unghia del mignolo lunghissima e quelli che se la tagliano, insieme a tutte le altre unghie del corpo. Come che sia, le unghie sembrano un elemento imprescindibile dell’identità ontologico-professionale del giornalista mozambicano, in unione, beninteso, ai Ray-ban formato famiglia calati sugli occhi e alla camicia di lino sbottonata fin qui, con catenella d’oro tra i peli del petto ben in vista ad abbagliare gli sguardi, tipo stella cometa.

Affogate questo distillato africano di Tony Renis in ettolitri di 2M (che si pronuncia doiscém ed è la birra di casa fatta, come recita la pubblicità, “a nossa maneira”) ed ecco un comune esemplare di reporter locale. A quanto mi dicono, Radio Moçambique, l’alterego tropicale di Mamma Rai, ne è piena. In genere però dove c’è la regola c’è pure l’eccezione. E in questo strano paese l’eccezione ha un nome e un cognome, Carlos Cardoso.

La sua storia è di quelle che piacerebbero a Ken Loach. Figlio di un portoghese di origini asiatiche, Cardoso studia in Sudafrica: il padre lo vorrebbe lontano dalla politica, ma lui diventa un militante antirazzista. Si vede che è destino. Nel 1975, quando il Portogallo dei garofani liquida l’impero e riconosce l’indipendenza all’ex colonia, Cardoso rientra in Africa, prende la nazionalità mozambicana e si mette al servizio del Fronte di liberazione. Desidera, come molti, partecipare alla costruzione del paese che Samora Machel ha condotto nella lotta e adesso guida con carisma da leader. Dal suo posto all’agenzia di stampa nazionale (Aim) piace parecchio ai lettori e ai giornalisti, meno alla nomenklatura, che infatti non gli concederà mai la tessera di partito. Vada per la lotta di classe, ma, prego, astenersi dalle critiche.

Durante la guerra civile che spazza il Mozambico per oltre 17 anni rimane in silenzio, perplesso, disilluso, sospeso. Dopo essersi battuto perché la nuova costituzione includa un articolo dedicato alla libertà di stampa, con un gruppo di accoliti fonda il primo quotidiano via fax della storia. Un’idea elementare che ha del genio, non c’è che dire. In Mozambico manca tutto, persino le strade. L’unica rete esistente è quella telefonica. Da un garage scrostato improvvisatosi redazione nasce Mediafax, 3, 4 pagine che, giorno dopo giorno, girano il paese raccontandone la vita, le contraddizioni, le miserie, il malaffare.

Cardoso è incorruttibile e la sua creatura vola trasparente sulle ali di un’essenzialità a dir poco britannica. Non ha l’aria dell’eroe, Carlos. Mangia poco, veste male, scrive tanto su tutto: pubblica amministrazione, polizia, esercito, organi giudiziari. Parole come pietre. Nel ’97 Mediafax èuna creatura che cammina con le sue gambe e Cardoso decide di fondare Metical, un quotidiano di informazione economica. Un bisturi affilato a sufficienza, pensa, per affondare nelle piaghe più infette dello Stato. Capita, a volte, che l’organismo malato rigetti la cura, anche se il chirurgo è un fuoriclasse. Il 22 novembre 2000 Cardoso viene ucciso e lo stomaco della nazione si chiude. L’esecuzione è di quelle in puro stile mafioso. Al cronista che per primo, alla radio, ha l’ardire di denunciare l’assassinio viene tagliata la lingua.

Si dice che Cardoso avesse scoperto un ammanco di 14 milioni di dollari nel processo di privatizzazione del Banco Commercial Mocambicano. E’ verosimile. A quattro anni di distanza pare abbiano arrestato l’esecutore materiale del delitto: si fa chiamare Annibalhzino. Un nome degno di Hollywood. E’ passato da Maputo qualche giorno fa, Annibal, scortato che neanche Bush in Iraq. Nessuno ha potuto filmarlo, nessuno lo ha intervistato. I giornalisti hanno gridato allo scandalo con la forza disperata dell’indignazione. La polizia ha puntato le armi ad altezza uomo.

Voglio essere tamburo, recita una poesia di José Craveirinha.Corpo e anima solo tamburo, solo tamburo, gridando nella calda notte dei tropici.

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