in Diario dal Mozambico

L’assalto

“Un guardia senza armi è inutile”, continua a ripetere quasi parlasse a se stesso. Alle quattro del mattino l’indiano rientra a casa. Eugenio apre il cancello. La porta cigola. Nessuno si accorge della macchina. I banditi irrompono, lo minacciano con una pistola alla tempia e intanto rincorrono l’indiano su per le scale. Tempo di rubargli il cellulare e Avenida Maguiguana è tutta urla fischi sgommate. Dalla finestra del terzo piano afferro solo qualche parola. “Assalto… pistola… desculpe… o patrão”. Rapina a mano armata all’inquilino del piano di sotto. Come il mese scorso. Controllo il chiavistello alla porta e torno a letto. Il mattino dopo Eugenio è ancora visibilmente scosso. Nessuno dovrebbe rincasare più tardi delle nove di sera, dopo il canto del muezim, dice. Piuttosto aspettate le cinque, quando fa luce. Una filosofia disperata. Al collo tiene un fischietto, quello che l’altra sera non è riuscito a usare, tanto era lo spavento.

Eugenio ha un’età indefinita. Tra i 35 e i 55, difficile a dirsi. Ha lavorato nelle miniere del Sud Africa. Ha costruito la ferrovia in Mozambico. Adesso sta invecchiando e fa il guardia con Antonio. Turni di 12 ore, avanti e indietro dal cancello. Un giorno sì e l’altro no torna a casa dai suoi 6 figli. Di solito mangia in un angolino del quintal, tra le macchine parcheggiate. Sguardo dolce, l’Eugenio, e uno stile grunge quasi perfetto. Vorrebbe che imparassi lo shangana, così quando mi incontra mi saluta… Indivuduama, dice soddisfatto. Indivuduama muguambe. E io non so mai che cosa rispondere.

Da un mese circa mi sveglio con il Bel Danubio blu nelle orecchie. La scuola di fronte casa sta preparando una festa per l’inizio dell’anno scolastico e i ragazzi di mattina ballano per ore. Prima il walzer e poi una musicaccia che fa sa-tis-fa-ction e mi congela il caffè nello stomaco. Meglio il Danubio.

Gli studenti, quelli, li incontri ovunque vai. Girano per la città a qualsiasi ora perché ci sono tre turni di lezione, mattina presto, mezzogiorno e pomeriggio. Sono belli da vedere, tutti così uguali, nelle loro divise scolastiche: pantaloni e gonne colorate (blu, verde marcio, melanzana), camicia bianca, cravatta in tinta. Maninghi nice, come dicono da queste parti. Parecchio figo, sarebbe. Nella cartella portata a tracolla ci sono soprattutto penne e quaderni. I libri di testo scarseggiano. Se sei fortunato ce n’è uno per classe di ciascuna materia. Tocca fare a turno e ritrovarsi sotto un albero a ripassare. Molto Derossi e Libro cuore.

Di recente ho fatto alcune scoperte piuttosto fondamentali. Ad esempio, lo smalto per le unghie. A Maputo viene venduto a metri. C’è un ragazzo per la strada con una lunga asse di legno e tante boccette di smalto colorato infilate in altrettanti buchi. Una di fianco all’altra. Puoi scegliere una boccetta o portarti via tutta l’asse, che fai prima. Poi c’è la storia dei capelli. Per lo più sono finti. Giuro che non lo sapevo. Nei mercati ci sono più bancarelle di capelli finti che verdurieri. Quelle che noi chiamiamo extention qui esistono dai tempi del Re Leone. Le donne in pratica hanno due possibilità: o si cuciono chili e chili di trecce sintetiche sulla testa oppure creano l’effetto “liscio” trattando la chioma con una crema acida a presa rapida il cui unico compito è uccidere il ricciolo fino alla radice e lasciare il capello-cadavere attaccato, ma senza più la forza di incresparsi. In entrambi i casi è una dura lotta, il cui risultato, talvolta opinabile, andrebbe sempre premiato con un sorriso e una confezione di balsamo.

In Mozambico ci sono alcune regole chiare a tutti. Direi cristalline. Tipo: il modo migliore per trasportare i pesi è metterseli sulla testa quale che sia la loro entità; il modo migliore per portare a spasso i bimbi è accovacciarseli sulla schiena con un telo; il modo migliore di fare il pieno alla macchina è infilare la pompa nel serbatoio e scuotere l’autovettura per tutto il tempo nella convinzione che così ce ne sta di più; il modo migliore di vendere i panini in spiaggia è avvolgerli nella carta igienica; il modo migliore di sorridere è con la pancia piena.

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