in Vivere altrove

Vivere altrove…Nostalgici e lamentosi

viverealtrove_20060119.jpgI torinesi che per lavoro, amore o puro caso si sono ritrovati a vivere all’estero per più di quindici giorni si dividono in due grandi categorie. Ok, volendo si potrebbero dividere anche in quindici categorie un po’ meno grandi, o, spaccando il capello in quattro, in una trentina di piccole sotto-categorie.

Mettiamo che però si debba generalizzare. Mettiamo che qualcuno vi prenda alla sprovvista e puntandovi un indice in faccia vi chieda brutalmente: “Ma come sono i torinesi all’estero?”. Messi alle strette, così su due piedi, vi verranno in mente due tipologie fondamentali. Niente di scientifico, per carità.

Allora, da un lato ci sono quelli che, dovunque siano capitati – un attico sulla Fifth Avenue, una villa con piscina a San Francisco, un castello sulla Loira o una dépendance del Partenone – passano comunque le loro giornate a rimpiangere via Bertholet e piazza Madama e i Murazzi e la crema gianduja di Fiorio. Sono i «nostalgici». Per loro la Mole vince sulla Tour Eiffel tredici a zero, anche senza la striscia di numeri rossi sopra. Neanche a parlarne.

Ai «nostalgici» si contrappongono i «lamentosi», quelli che, dal secondo in cui hanno chiuso le valigie e imboccato la tangenziale, non hanno mai smesso di ripetere che meno male che se ne sono andati, che finalmente adesso sono lontani dal grigiume, che sarà pure vero che non sta mai ferma, ma Torino non c’ha il respiro delle grandi capitali, che è severa, cerebrale, smorta, provinciale, caparbia, patetica…

Nostalgici e lamentosi hanno una cosa in comune. Di Torino, che hanno lasciato ormai da tempo, continuano a nutrire i discorsi più di quanto non vorrebbero. Parlarne, bene o male poco importa, è, in fondo, un modo per non perderla di vista, anche se il cielo sopra le loro teste è cambiato. Anche se la geografia del loro mondo è differente: il profumo delle pietanze, il suono della lingua, i biscotti da pucciare nel latte a colazione. Memorizzate, sabaudi: oltre frontiera, dall’Olanda al Giappone, non esistono i pacchi famiglia di macine o i due chili di crumiri spezzati, ma solo tristissime micro-confezioni di baiocchi. Sei di numero. E al diavolo la globalizzazione.

Pubblicato su «Torinosette-La Stampa», 2 marzo 2007

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Commento

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  1. Scusa il disturbo, sto cercando di aiutare Benito, un senzatetto che ammalato di diabete vive sotto un ponte.
    Passa per il mio blog per vedere i dettagli dell’iniziativa.

    Grazie, grazie, grazie.

  2. Eccola di nuovo la rubrica più attesa di Torino Sette, altro che mostri di Locknessssss e quel formichiere anni ’80 di cui scrive Culicchia. Comunque stasera a Torino c’è Rick Moody per un reading del suo ultimo romanzo, unica data italiana, roba cool-trendy-newyorkese, altro che città provinciale.

    f.