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Rifugiati: più politica, meno assistenza

afghan_camps15.jpgSono quaranta milioni i migranti forzati sul pianeta. Vite di scarto, esiliate nel tempo e scacciate dallo spazio. Una ferita etica, un paradosso giuridico, un cortocircuito squisitamente politico che il mondo intero – complice molto più di quanto non sia disposto ad ammettere – si limita a «contabilizzare» e ad «amministrare», erogando un’assistenza che genera dipendenza, esige controllo assoluto, deresponsabilizza e nega qualsiasi forma di autodeterminazione e rispetto.

La lettura che Chiara Marchetti propone del fenomeno dei rifugiati nel suo libro «Un mondo di rifugiati. Migrazioni forzate e campi profughi» (EMI, pp. 287, 15 euro) è radicale, affilata, spiazzante, lucida, scomodamente critica e per nulla accomodante. I profughi di oggi, titolari o meno che siano di status definitori e «identità burocratiche», sono l’eccedenza di cui il mercato globale e il sistema politico non ha più bisogno se non nel ruolo loro assegnato di vittime. Un potente arsenale ideologico, spiega l’autrice, viene messo in opera affinché i campi, ovvero il perno attorno al quale ruota l’intero sistema internazionale incaricato della protezione e dell’assistenza, si trasformino in entità di lunga durata, in zone «definitivamente temporanee», non soluzioni, bensì obiettivo finale di una politica che, ossessionata dalla sicurezza, mira a «proteggersi dai rifugiati» più che a «proteggere i rifugiati».

La Marchetti ha il coraggio di sottrarsi all’ambigua retorica universalista dei diritti umani e alla spesso illusoria virtualità degli aiuti umanitari (mai neutri e sempre più condizionati), riportando l’attenzione sul principio di cittadinanza e rinsaldando fermamente il nesso tra uomo e comunità politica: «Gli uomini, gli individui, possono anche essere titolari di diritti in quanto uomini e non in quanto cittadini» chiarisce ad un certo punto l’autrice, «ma il riconoscimento e l’applicazione di tali diritti continueranno a passare per gli Stati nazionali, che sceglieranno quali e quante carte o convenzioni sottoscrivere e, soprattutto, se e come renderle effettive».

Lo sforzo che sottende tutto il volume è dichiaratamente quello di trasformare la questione dei rifugiati da tema marginale, specialistico e depoliticizzato in una «categoria centrale dei nostri interrogativi su appartenenza, diritti e cittadinanza», di spingere la descrizione e comprensione del fenomeno oltre le frontiere, al di là dei mandati e dei ruoli codificati, riportandola alla complessità del suo contesto originario, a quella che Giorgio Agamben ha chiamato la «matrice nascosta dello spazio politico in cui viviamo».

Mentre il mondo corre a tappare i buchi dell’emergenza, spiega la Marchetti, mentre si affanna a tamponare ferite senza neanche chiedersi come siano state procurate, il sistema continua a girare incessantemente per il verso contrario e a riprodurre le stesse condizioni.

Pubblicato su «Vita», 16 marzo 2007

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