in Vivere altrove

Vivere altrove… Red tape

viverealtrove_20060119.jpgC’è una cosa che chi vive in Italia non s’immagina, di noi emigrati. Questa cosa è il livello di complessità logistico-burocratica cui la vita di un italiano all’estero può arrivare. Dico davvero. E non parlo solo della doppia scheda del telefono – una per quando stai, mettiamo, in Germania e l’altra per quando varchi la frontiera. Il ruggito del Roaming è sempre in agguato, nella giungla dell’emigrato… Parlo anche, ad esempio, degli eventuali conti in banca, uno per ogni nazione di appartenenza (naturale o acquisita), ognuno con la sua valuta (ma quanto è minuscola l’Europa!) e ognuno con il suo corredo di carte e bancomat, in un trionfo di Pin tendente a infinito e umanamente non memorizzabile. Fortuna che i portafogli delle signore sono, per loro natura, delle mini-valigie.
E siccome maggio è il mese dei boccioli in fiore e della dichiarazione dei redditi, cosa vi pensate? Che qualche lungimirante tesoriere di uno qualsiasi degli Stati del pianeta abbia pensato di facilitare la vita di qualcuno? Ma vi pare. E vai, in una rumba di moduli, modelli e formulari da compilare in triplice copia e duplice lingua. Con tanto di sigle che in confronto TARSU sembra il soprannome di un bebé.
Vogliamo parlare della residenza? Parliamone. Se hai un contratto di lavoro che supera l’anno – cosa più unica che rara anche fuori dal Piemonte – saresti tenuto ad iscriverti all’AIRE, l’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero. Se non lo fai, sei sempre in tempo. C’è chi ci mette dieci anni. Non importa. Nessuno ha modo di sapere che tu sei all’estero. Ma se dall’estero lavori, poniamo, per dei giornali italiani? Allora meglio continuare ad essere residente in Italia. Dalla mamma, cugina o suocera, che vien più comodo.
Sono in dubbio se addentrarmi nella questione «automobile». Perché questo porterebbe con sé la necessità di affrontare il problema «targa», «immatricolazione», «bollo» e, nel caso della mia Uno Bianca, priva di sensi nel parcheggio da mesi, «rottamazione». Per tacere della tessera dell’Automobil club, e, ovviamente, delle sue molteplici declinazioni nazionali.

Pubblicato su «La Stampa», venerdì 8 giugno 2007

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