in Vivere altrove

La goccia che fa traboccare il vaso

The straw that breaks the camel’s back. La goccia che fa traboccare il vaso. Per Mauel è stato, semplicemente, il caffé. Colore, consistenza, ma, soprattutto, il modo in cui lo si beve. Undici anni fa rimase talmente colpito che ne fece uno schizzo sull’agenda. Lo scarabocchio ritrae un ometto sconsolato e ricurvo su se stesso che, con un piccolo gesto e una piccola tazzina in mano, porta alla bocca venti piccole gocce di liquido nero dolciastro, buttandole giù senza speranza. Una mattina romana di sole, quando, dice lui, «ci si dovrebbe alzare dal letto come giganti» (evidente che non soffre di pressione bassa). Dunque Mauel guarda l’ometto e decide che porterà i vestiti a lavare e comprerà un biglietto per New York. Lì la mattina esce su Seaman Street, Uptown Manhattan, brandendo il classico tazzone di «caffé» bollente zuccherato, un intruglio ripugnante, ma necessario per combattere il vento ghiacciato che ti sferza senza pietà. Il fatto stesso di dover impugnare questo beverone chiuso in un tazzone enorme, lo costringe ad una postura più agguerrita che, silenziosamente, giorno dopo giorno, influisce su quella mentale. «Quando incedi tenendo in mano qualcosa che parte pesante ma diventa leggero», spiega Manuel, «il tuo stesso atteggiamento psicologico cambia…

La giornata non inizia più con un sorsetto e poi … speriamo che me la cavo, ma con movimenti ampi e un let’s make it happen!». Ovvio che non basta dell’acqua marrone in un bicchiere di polistirolo. Sarebbe troppo bello. Il fatto è che a New York Manuel conosce, in quattro settimane, più gente di quanta non ne avesse conosciuta in una vita in Italia. Scopre che per conoscere qualcuno non ha bisogno di conoscere nessuno e si muove senza inerzie all’interno di un tessuto sociale in cui il nuovo, sia esso un absolute beginner o qualcuno che, dopo aver fallito, ricomincia da zero, è considerato una risorsa, non un virus da combattere evitando che si entri in circolo nel sistema. Economia di relazione, la chiama Manuel. In America scatta per semplice curiosità.

Pubblicato su “La Stampa” il 14/5/2011.

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