in Vivere altrove

Bambini che parlano più lingue

Tracey è per metà nippo-americana e per metà indiana d’america-irlandese. Non paga di questo già ardito melting pot, a un certo punto della sua vita ha pure pensato di sposarsi con un ecuadoriano. Oggi ha quarantotto anni e tre figli, di diciotto, sedici e quattordici anni. I pargoli, per nascita, formazione e contesto, parlano inglese, spagnolo, tedesco e francese. Con un master ad Harvard in Educazione Internazionale, non stupisce che Tracey abbia fatto dello studio del multi o pluri-linguismo non solo la sua vocazione, ma persino la sua professione, (e buon per lei che le due coincidono). Tra una lezione all’università, una formazione negli asili di mezzo pianeta e uno studio, ovviamente comparato e trans-nazionale, Tracey ha anche scritto un libro, «Raising Multilingual Children» (in pratica, Come crescere bambini che parlano più lingue), nel quale spazza via, come solo la scienza sa fare, tanti miti e leggende metropolitane sui presunti danni psico-cognitivi-socio-esistenziali che attenderebbero al varco chiunque abbia la sfortuna di crescere in un universo non esclusivamente monolingue.

Più creatività, flessibilità, maggiore capacità di concentrazione ed astrazione, una maggiore apertura verso le altre culture, perfino più fiducia in se stessi sarebbero infatti i vantaggi che regala il bi o multi-linguismo. In uno studio su Cerebral Cortex, coordinato dal dottor Jubin Abutalebi, docente di neuropsicologia all’università-Vita San Raffaele di Milano, in collaborazione con le università di Londra, Barcellona e Hong Kong, i ricercatori hanno addirittura osservato che i bilingue messi di fronte a situazioni critiche riescono a decidere che strada prendere in modo più rapido rispetto a chi parla una lingua sola. E lo fanno in modo più efficiente e con meno sforzo.

«Mamou» fa Giulia sabato pomeriggio, «giochiamo che io ti “coiaffo” (leggi quaffo), mentre tu stai “assisa” sul “divain” che è là bas e io ti metto tutte queste “barrette” sulla testa… please?». La strada del multi-linguismo è lastricata di buone intenzioni…

Pubblicato su “La Stampa” il 18/11/2011.

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