in Vivere altrove

La vestibilità dei nomi

La scelta del nome da dare ad un figlio è qualcosa di molto personale. Io sono favorevole alla vestibilità dei nomi piuttosto comuni, possibilmente brevi, di quelli che puoi chiamare dal balcone senza dover prendere il fiato a metà. A vestirli di fascino ed originalità ci penserà il bimbo – o la bimba – destinato a portarlo.

In tutto il mondo però esistono leggi, più o meno severe, che disciplinano e tengono a bada le esuberanze di genitori evidentemente più fantasiosi di me. Di recente la Corte di Cassazione francese è stata chiamata a decidere sul caso di una coppia che aveva deciso di chiamare il proprio bambino «Titeuf »comeil personaggio del celebre fumetto di Zep. L’ufficiale di stato civile ha denunciato i genitori alla Procura della Repubblica, che ha poi presentato il caso al Tribunale civile di Pontoise, il quale ha stabilito che il nome scelto è contrario agli interessi del bambino.

Il ministero dell’interno neozelandese per parte sua ha pubblicato l’elenco dei nomi respinti nell’ultimo decennio. Oltre a «Taula Does The Hula From Hawaii» sono stati bloccati nomi socialmente problematici come «Fat Boy», «Sex Fruit», «Cinderella Beauty Blossom» e «Fish and Chips», per due gemellini.

Liste di nomi accettabili o vietati esistono in Danimarca, Portogallo e Islanda. In Germania esiste un intero reparto (il Standesamt) che decide se i nomi dati ai bambini sono adatti, e in Svezia le richieste devono passare per l’ufficio brevetti. La Norvegia negli ultimi tempi ha sostituito la lista di nomi ufficialmente sanzionati con un generale divieto di usare nomi ispirati a parolacce, sesso e malattie.

In Cina la polizia ha il controllo su tutti i nomi dati ai bambini, previo rilascio della carta d’identità, ma i dettagli dei nomi respinti non sono pubblici.

Ultimamente sembra tuttavia che i limiti alla libertà di scelta dei genitori siano più tecnologici che burocratici. E così, la Nuova Zelanda consente un massimo di cento caratteri, il Massachussets di quaranta, la California vieta accenti e caratteri stranieri che non sonopresenti sulla tastiera del computer.

Pubblicato su “La Stampa” il 1/6/2012.

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