in Vivere altrove

Il (mio) decalogo dell’emigrato

Decalogo di una vita da emigrato. Tutti, prima o poi, sentono il bisogno di crearsene uno. Succede quasi automaticamente, come si trattasse di una forma di trasmissione orale del sapere. Una volta erano le favole raccontate intorno al fuoco d’inverno, adesso sono le regole di sopravvivenza e le pillole di saggezza dispensate un po’ a casaccio a chiunque stia ad ascoltare. Il mio, di decalogo, cambia con regolarità, a seconda del clima, dell’umore, del tasso di cambio e dei risultati elettorali. E di voci, ne ha spesso più di dieci.

Questa sera, sul divano, suona più o meno così.

Quello che per me è il paradiso per te può essere l’inferno.

Un paese che ti piace a trent’anni, può non piacerti a venti o a quaranta.

Sarai sempre un pendolare, dunque vedi di fartene una ragione.

Un giorno, forse, penserai pure a dove vuoi essere seppellito.

Si mangia bene anche all’estero. E, a volte, c’è pure il sole.

Si sopravvive anche senza bidet (ma non è detto che sia meglio).

L’italiano è una lingua stupenda, ma all’estero non serve quasi a niente.

A volte tornare in Italia fa male per giorni.

Alcuni ti chiameranno codardo perché sei emigrato, mentre loro rimangono lì a lottare. Forse hanno ragione, forse non hanno idea di cosa stanno parlando.

La politica italiana è sempre un argomento molto dibattuto, più dell’arte o del cinema. Prepararsi delle risposte è consigliato, per evitare eccessive esitazioni.

Riempire la macchina di parmigiano e caffè è un’abitudine che a volte passa e a volte ritorna.

Non sempre all’estero troverai la soluzione ai tuoi problemi.

Parlerai comunque con un accento straniero. Magari leggero, ma pur sempre accento. Rassegnati.

La vita degli amici in Italia continua tranquillamente senza di te.

La cucina dei ristoranti italiani all’estero non è come quella dei ristoranti in Italia.

La cucina dei ristoranti cinesi in Cina non è come quella dei ristoranti cinesi nel mondo.

Molti all’esterno non sanno nemmeno dov’è Torino, e per spiegarlo sei costretto a dire che è vicino a Milano (e ti odi per questo).

Pubblicato su “La Stampa”, 7 marzo 2014.

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Commento

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  1. Stupendo: mi ritrovo in molti punti.
    Anche a me, ad esempio, è capitato di dover soddisfare la curiosità altrui riguardo a dove si trovasse la mia città, Brescia: lo stratagemma vicino a Milano è sempre un ottima risposta, ahimè.

  2. Stu-pen-do. E assolutamente vero. Mi hai letto dentro, Ire!

  3. Incredibile, condivido tutti i punti… Quando l’esperienza temporanea comincia a protraersi per anni, bisogna fare i conti con l’essere diventati emigrati.