Siamo sedute al fresco, sotto una tettoia di legno un po’ sgarruppata che funge da refettorio per gli allievi della scuola. Capre e maiali entrano curiosi ad annusarci, per nulla intimoriti dalle grida squillanti degli studenti che fanno ginnastica a pochi metri di distanza, nella spianata, polverosa e assolata, che sta giusto di fronte.
Route ha gli occhi scuri e i capelli crespi, corti, leggermente colorati di rosso sulle punte. Si rivolge a me a voce bassa, guardando per terra e ciondolando i piedi nudi sotto la sedia. Avanti, indietro, avanti, indietro. Indossa una maglietta verde acceso e una gonna gialla un po’ consunta. Risponde a monosillabi, incerta e vagamente insospettita dalla mia curiosità. Solo quando, d’improvviso, mi racconta che adora giocare a calcio, intuisco, per un istante, l’entusiasmo e l’immediatezza della ragazzina di tredici anni che mi sta davanti. Fragile e forte, timida e curiosa. (…)