in Vivere altrove

La fame nascosta

Il pick-up corre rapido sulla strada sterrata. Quando appaiono delle buche sterza d’improvviso e rallenta bruscamente le volte che, dal nulla, spuntano improbabili dossi. Campi di mais a destra, campi di mai a sinistra. Siamo in Guatemala, da qualche parte a sud-est di Guatemala city. Fa caldo e c’è polvere ovunque. Alla guida Curt, un trentenne dell’Idaho, un po’ idealista, un po’ sbruffone. Ha creato e dirige una piccola organizzazione non governativa che si chiama Semilla Nueva, (nuovo seme in spagnolo), che si propone di combattere la malnutrizione cronica. In Guatemala nessuno muore veramente di fame, ma molti, moltissimi mangiano male, ovvero sempre e solo le stesse cose: tortillas di mais e fagioli. A colazione, pranzo e cena. Chi può, aggiunge a questa base uova e pollo, frutta e verdure fresche. Chi non può, si accontenta di tortillas e fagioli. Risultato: il 47,7 per cento dei bambini sotto i 5 anni soffre di anemia. La chiamano “la fame nascosta” perché generalmente non dà sintomi visibili. Le conseguenze di una dieta monotona e povera di ferro, zinco e vitamina A sono tuttavia disastrose: disturbi mentali, anemia, cecità, risposta immunitaria alterata, ritardi nello sviluppo.

Per anni si è cercato di modificare l’alimentazione della popolazione, variandola ed arricchendola di nuovi piatti. Per anni si è cercato di aggiungere ai cibi preparati i micro-nutrimenti necessari. Si sono spesi una barca di soldi, ma il Guatemala resta a tutt’oggi il quarto paese al mondo per tasso di malnutrizione.

Curt ha, per così dire, ribaltato il problema, decidendo ad un certo punto di inserire i micro-nutrimenti direttamente nei semi (ovviamente di mais e fagioli). «If we want to fix malnutrition, we have to fix maize and beans», dice. Si chiama “biofortificazione” e, per buona pace dei fautori del “come natura crea”, non si fa in laboratorio, ma tramite un sistema di selezione antico quanto l’invenzione dell’agricoltura stessa, che garantisce una pianta con un maggior contenuto nutrizionale. Non male, per un trentenne dell’Idaho.

Pubblicato su La Stampa il 15/4/2017

Scrivi un commento

Commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.