in Vivere altrove

Il grido soffocato

Lo sappiamo già. In Europa guarderanno il servizio in televisione, ne saranno un po’ turbati e poi, rapidamente, ci dimenticheranno. Si alzeranno dal divano e continueranno la loro strada, come se niente fosse».

Questa frase mi tormenta da oltre un mese. A pronunciarla è Miriam, una ragazza di trentun anni originaria di Hama, alla fine di un documentario intitolato “Syrie: le crie étouffé” (Siria: il grido soffocato) realizzato da Manon Loizeau e Annick Cojean e andato in onda in Francia a inizio dicembre. Di testimonianza in testimonianza, di orrore in orrore, il reportage racconta le torture – brutali, spietate, ripetute, quasi sempre mortali – subite dalle donne nelle prigioni siriane del regime di Bashar Al-Assad. Da sei anni, quasi duemila duecento giorni, le donne sono diventate lo strumento attraverso cui colpire la ribellione e le violenze sessuali sono l’arma di distruzione prescelta.

La frase di Miriam mi tormenta perché è implacabilmente vera e mi riduce a ciò che sono, una semplice spettatrice. Non importa quanto atroci siano le sofferenze, quanto abissale la barbarie. Ascolto, guardo, mi alzo dal divano e continuo per la mia strada.

Durante la pausa natalizia, ho incontrato un’altra storia. Nel libro-inchiesta “Il naufragio” (Feltrinelli) Alessandro Leogrande ricostruisce l’affondamento del Kater i Rades, una motovedetta albanese. L’imbarcazione si inabissò in pochi minuti nel golfo di Otranto speronata da una corvetta della Marina militare italiana, la Sibilla, portandosi dietro 81 persone. In 31 avevano meno di 16 anni. Anche questo racconto, preciso e implacabile come le parole di Miriam, mi perseguita. In primis perché non ne ho nessun ricordo. Era il 1997. Dieci anni di politiche di respingimento. Dieci anni di morti inghiottiti dalle acque. E di nuovo, non sono che spettatrice (e pure a scoppio ritardato).

Se gennaio è il momento dei propositi, ecco il mio: riavvicinare memoria e responsabilità, come fossero due vecchie amiche. Perché lontane, non servono a niente.

Il reportage “Syrie: le crie étouffé” su Youtube:

Pubblicato su La Stampa il 12/1/2018

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