in Vivere altrove

Per essere un buon conversatore, bisogna saper ascoltare

Celeste Headlee è una cantante d’opera, e una celebre intervistatrice americana. Il suo TED talk sull’arte della conversazione e il suo libro “We Need to Talk” sono entrambi popolarissimi negli Stati Uniti.

In un’epoca in cui persino le chiacchiere sul tempo e la salute degenerano facilmente in furiosi litigi, rispolverare le basi di una conversazione di valore è una necessità esistenziale, prima ancora che un gesto politico.

La chiave di una buona conversazione, spiega Celeste, è la qualità dell’ascolto.

Chi l’avrebbe detto. Per essere un buon conversatore, bisogna saper ascoltare. Ma “ascoltare” non vuol dire semplicemente “sentire” ciò che gli altri dicono, ma prendere effettivamente in considerazione l’altrui pensiero. Secondo Celeste esistono tre livelli di ascolto. L’ascolto “valutativo”, in cui si ascolta solo per decidere se si è o no d’accordo con la persona che sta parlando (per dirla come Stephen Covey: “La maggior parte di noi non ascolta con l’intento di capire, ma con l’intento di rispondere”.)

Il secondo livello di ascolto è quello “interpretativo”: in questo caso si ascolta per cercare di capire cosa l’altro sta dicendo, e magari imparare qualcosa. Il terzo livello è detto “trasformativo” perché capace di trasformare e sorprendere l’ascoltatore.

L’ultima conversazione “trasformativa” in ordine di tempo l’ho avuta, credo, con un tassista ginevrino. Un signore di una certa età, molto loquace, con un passato da maestro elementare in Burkina Faso. Si parlava di origini, migrazioni, vite all’estero e politiche di (non) accoglienza. Il tassista ha ammesso a un certo punto di non essere scandalizzato e men che meno impaurito dai nuovi razzismi. “I razzisti ci sono sempre stati” commentava. “Tanto meglio se si presentano come tali, apertamente, almeno uno sa cosa aspettarsi e si prepara. Molto più insidioso l’ipocrita che dice volerti aiutare, ma in realtà fa l’opposto”. Ecco, troppo presa dalla mia indignazione, non l’avevo mai pensata in questi termini.

Pubblicato su La Stampa il 31/5/2019

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