in Vivere altrove

Il suono delle sirene durante i bombardamenti

Non ricordo precisamente come siamo arrivati a parlare del suono delle sirene durante i bombardamenti.

La visita era iniziata con la solita domanda di rito: che lavoro fa? Ricordo però che bisognava aspettare che l’anestesia facesse effetto. Cinque, sei minuti, non molto di più. Tempo che il piede perdesse sensibilità prima di procedere con l’infiltrazione tra il terzo e il quarto dito. Tanto è bastato al dottor Passaquay, di professione radiologo, per iniziare a raccontare. Brandelli di esistenze, lembi irregolari di memorie.

Il ballerino solista del corpo di ballo di Maurice Béjart, ora orologiaio, che sognava di diventare chirurgo ortopedico.

Il signore ormai quasi centenario che a vent’anni ha percorso la Francia in diagonale a piedi, da Bordeaux a Valencia, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio solitario, spaventoso e sorprendente attraverso un paese impervio, sconosciuto e orribilmente povero, dove le case, più che altro cascine brulle e monastiche, non avevano acqua corrente, né elettricità e le strade somigliavano a mulattiere sconnesse. Di quella Francia profonda il signore non ha la minima nostalgia, commenta il dottore tradendo un po’ di dispiacere.

L’infermiera che lavora per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite a Ginevra e da sette anni va e viene dal Darfour, dove una guerra feroce ha causato 300 mila morti a 2 milioni e mezzo di rifugiati. I problemi laggiù sono una lista che tende a infinito. Ma lei torna ogni anno, riflette quasi sotto voce il dottor Passaquay, incallita e felice.

La signora tedesca, che quando Berlino veniva bombardata, aveva sei anni e della guerra si ricorda la fame, la paura, il fuoco, le macerie e i Russi. “C’è qualcosa di rotto in questo mondo” chiosa lui prima di dileguarsi.

Deve farne di anestesie il dottor Passaquay, penso uscendo dall’ambulatorio, per conoscere così bene i suoi pazienti. Oppure no. Forse ha un dono, raro e incantevole. Quello di mettere a fuoco la materia di cui è fatta la vita.

Pubblicato su La Stampa il 14/2/2020

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