in Vivere altrove

Quand’è che il lutto di una nazione diventa un lutto personale?

In America li chiamano “Aha! moments”, ovvero “momenti Aha!”. Sono quegli istanti in cui, d’improvviso, qualcosa che sino ad allora era stato incomprensibile, diventa chiaro, evidente, lampante. Attimi di intensa consapevolezza, piccole epifanie, sorprendenti rivelazioni, in cui, appunto ci si ritrova ad esclamare (anche solo con la propria voce interiore) “ahaaaa”. La bocca aperta e lo sguardo rivolto verso un punto indefinito dell’orizzonte. Non so da dove derivi l’espressione, ma so di averne recentemente vissuto uno. Almeno, credo.

Da qualche giorno in vacanza a Nizza, un’amica mi manda con entusiasta assiduità foto e filmati della sua permanenza in Costa Azzurra: il centro storico, il castello, la vista panoramica, il Museo Matisse, gli angoli più inconsueti della quinta città francese per numero di abitanti. Fin qui niente di particolare.

L’altro ieri però si è fotografata sulla Promenade des Anglais, la Passeggiata degli Inglesi, un lungomare che si estende per chilometri lungo la Baia degli Angeli. La Promenande è un luogo iconico, dove ogni anno si svolgono la sfilata di Carnevale e la Battaglia dei fiori. Non si può andare a Nizza e non vagare per ore sulla “Prom”.

Per quanto non ci sia stata che un’estate da bambina, la sua semplice evocazione oggi mi mette i brividi. Quattro anni fa, infatti, il litorale è stato teatro di uno dei più feroci attentati di cui la Francia sia stata vittima e testimone. E testimone, appunto, credevo di essere anch’io, come tanti, fino alla foto della mia amica.

Quando è che il lutto di una nazione (o di una collettività) diventa un lutto personale? E quando accade il contrario? Non è forse l’esperienza condivisa del dolore il segno di una comunione profonda?

Il 14 luglio di quattro anni fa, un camion si è lanciato sulla folla, uccidendo 84 persone inermi intente a guardare i fuochi d’artificio che celebravano la festa nazionale.

Quel lutto – ho scoperto – è anche un po’ mio, una piaga profonda, struggente, che non sapevo fosse lì. Riconoscerlo mi avvicina alla Promenade più di quanto avrei mai ammesso. —

Pubblicato su La Stampa il 10/7/2020

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