in Vivere altrove

Una notizia bella e una brutta

Ho una notizia bella e una brutta.

La brutta è che lo sguardo “strabico” dell’emigrato non è per niente migliorato con la pandemia. Al contrario. La vita a cavallo di tre paesi – Italia, Francia e Svizzera – ha raggiunto livelli di schizofrenia sino ad ora del tutto impensabili. E abbiamo un bel dire che il virus “non conosce frontiere” e che siamo tutti nella stessa barca. Lo strabismo rende ancor più evidenti differenze che prima non sembravano tali.

Un esempio. A distanza di qualche chilometro soltanto, lungo le sponde del lago Lemano, è sempre stato possibile passeggiare liberamente, incontrarsi con gli amici, fare sport all’aria aperta, prendere la macchina per una gita fuori porta. Gli obblighi, talora perentori, che hanno chiuso la popolazione in casa in Italia e in Francia, si sono tradotti in Svizzera in semplici ma ferme raccomandazioni. Per qualche giorno, lasciatemelo dire, la cosa mi ha fatto davvero infuriare.

Poi ho letto un articolo (che poi è la bella notizia). Un politico ginevrino, Antonio Hodgers, ha scritto una lettera ad un suo omologo francese, che si era detto preoccupato del “lassismo” elvetico e delle sue eventuali conseguenze. “Prendiamo quest’occasione per cercare di conoscerci meglio” – ha scritto Hodgers in risposta. Per Hodgers le differenze di approccio tra Francia e Svizzera più che una discrepanza reale delle politiche sanitarie rivelano una “diversa concezione dello Stato”. In un Paese in cui la responsabilità civica e la fiducia nel sistema si vogliono elevati – si pensi ai giornali venduti in libero servizio o al voto per corrispondenza – ogni considerazione parte dal principio che la maggior parte della popolazione è adulta e responsabile e dunque in grado di comprendere ed applicare le regole sanitarie necessarie, senza bisogno di divieti.

Fuor di caricatura, è una bella lezione.

Pubblicato su La Stampa l’8/5/2020

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